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Immagine del redattoreAlice Rondelli

Una questione di autonomia

Nel giugno 2023, la commissaria europea per la Salute e il direttore generale del World Health Organization hanno firmato un accordo amministrativo che sancisce l’adozione del sistema di certificazione vaccinale dell’Unione europea. È, dunque, arrivato il momento di parlare di ‘bodily autonomy’.

Ph. Inverness, Scozia, 2019 (Alice Rondelli)


Lunedì 5 giugno 2023, Stella Kyriakides, commissaria europea per la Salute, e il direttore generale del World Health Organization, Tedros, hanno firmato un accordo amministrativo e una lettera di intenti presso la sede del WHO di Ginevra, che sancisce l’adozione del sistema di certificazione vaccinale dell’Unione europea, conosciuto in Italia come green pass. Verrà adottato un quadro tecnico e normativo di riferimento per migliorare la circolazione dei dati sanitari secondo standard condivisi. Un sistema che si tradurrà in una specie di libretto sanitario elettronico verificabile, accettato in tutto il mondo. Si tratta di un’estensione e digitalizzazione del Certificato internazionale di vaccinazione o profilassi, la cosiddetta Carta gialla (nata nel 1933 in Olanda e adottata dal WHO nel 1951), necessaria per verificare l’avvenuta vaccinazione contro alcune malattie ritenute pericolose, e richiesta per l’ingresso in determinati paesi. L’iniziativa è il primo tassello per implementare la strategia globale di sanità digitale del WHO, pubblicata nel 2020, il cui intento dichiarato è quello di assicurare migliori trattamenti sanitari in tutto il mondo grazie alle nuove tecniche di telemedicina, che permettono la cura dei pazienti a distanza, anche in contesti difficili e di isolamento. Non solo, lo scambio e la circolazione dei queste informazioni consentirà la creazione di una banca dati globale al servizio della ricerca scientifica, che permetterà l’integrazione con altri sistemi e registri per sviluppare nuove cure e nuove politiche sanitarie basate sulle esigenze delle persone, nonché per usare l’intelligenza artificiale per accelerare la ricerca.

Tuttavia, la Global strategy on digital health 2020-2025 del WHO dovrebbe essere considerata in ben altri termini. Infatti, a meno di opposizioni o richieste di modifiche al documento preliminare, tutti i paesi che ne hanno firmato la bozza dovranno attivare le disposizioni contenute al suo interno, indipendentemente dalle volontà politiche locali delle istituzioni dei singoli Stati. L’ambasciatore italiano al WHO è stato autorizzato a creare l’agenda delle riunioni per andare verso il documento finale. Le riforme proposte dal WHO sono due: la prima riguarda l’International Health Treaty, che obbliga con delle precise clausole ad accettare l’agenda dei vaccini prodotta dalla direzione del WHO e implementarla nei Paesi che hanno sottoscritto il documento. La Commissione Europea si è già espressa in favore senza chiedere parere consultivo agli stati membri, né al Parlamento Europeo. I singoli Stati membri delle Nazioni Unite saranno chiamati a votare l’approvazione del testo – come stabilito dalla Carta fondamentale dell’ONU – che prevede la pubblicazione di una lista dei vaccini obbligatori per tutti i cittadini. La mobilità degli individui all’interno dei Paesi dell’area Schengen e degli stati terzi, che non sottoscriveranno il documento, verrà messa seriamente in discussione. Molti stati facenti parte del BRICS, ovvero: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, si sono opposti al certificato e la Russia ha persino minacciato di ritirarsi dal WHO. Anche gli Stati Uniti hanno presentato numerosi emendamenti, affermando che l’agenzia non ha alcuna autorità per imporre il certificato sanitario globale, seppure siano stati proprio gli americani i principali promotori dell’agenda. Il secondo aspetto, riguarda la riforma della WHO. Essa, infatti, attualmente beneficia maggiormente di fondi privati rispetto a quelli pubblici e dunque ha richiesto l’implemento del budget che i Paesi membri dell’ONU destinano all’organizzazione, per poter cambiare la sua missione e il suo statuto, in modo da potersi occupare in maniera più capillare di biosecurity, biosafety e cybersecurity. Ovviamente, per fare ciò, è necessaria l’autorizzazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, perché il WHO altro non è che una sua agenzia. In questo momento il WHO sta affrontando un ricambio dirigenziale di oltre il 50%. Dall’8 maggio 2023 il nuovo Chief Scientist del WHO Science Council è il dottor Jeremy James Farrar, ricercatore e medico britannico che è stato direttore del Wellcome Trust dal 2013 al febbraio 2023. Il Wellcome Trust è un ente di beneficenza con sede a Londra, fondato nel 1936 grazie all’eredità lasciata dal magnate americano dell’industria farmaceutica Sir Henry Wellcome, con lo scopo di finanziare la ricerca per migliorare la salute umana e animale.

Per ipotizzare di chi possa fare realmente gli interessi il WHO, bisogna fare luce sui suoi finanziatori. Secondo il sito web dell’organizzazione, i fondi arrivano attraverso due vie: i contributi versati dagli Stati membri delle Nazioni Unite – che coprono solamente il 20% del budget necessario – e quelli volontari degli Stati membri e di altri partner – come organizzazioni intergovernative, fondazioni filantropiche, settore privato e altre fonti. Secondo Euronews.net al febbraio 2023 i top founders del WHO Foundation sono: The Bill & Melinda Gates Foundation (88%), Bloomberg Family Foundation (3,5%), Wellcome Trust (1,1%) e Rockefeller Foundation (0,8%). Dunque, di quell’80% di fondi che il WHO reperisce da privati ben l’88% arriva direttamente dalla fondazione del magnate americano Bill Gates, che investe annualmente ingenti capitali nella ricerca medica e nell’industria farmaceutica. Non stupisce, dunque, che il restyling dell’Organizzazione mondiale della sanità riguardi il guadagno di chi produce farmaci, molto più del decantato miglioramento del benessere delle popolazioni. Mentre alcuni membri del parlamento europeo chiedono che vengano chiarite sia la gestione pandemica, sia la questione relativa all’acquisto dei vaccini contro il Covid-19 – che ha riguardato lo scandalo degli SMS scomparsi tra la presidente della Commissione europea von Der Lyen e il CEO di Pfizer, Albert Bourla – il WHO si accinge ad approvare (entro la fine di novembre 2023) una lista di vaccinazioni obbligatorie (ancora non nota) non solo per i cittadini dell’Unione Europea, ma anche per quelli dei 193 stati che aderiscono alle Nazioni Unite. L’ultima delibera è prevista per il 2024 e se, nel frattempo, nessuno stato o associazione si sarà attivato per sollevare obiezioni circa l’imminente imposizione del pass sanitario digitale, esso diventerà una realtà concreta che potrebbe porre fine alla libera circolazione degli individui che rifiuteranno di sottoporsi all’inoculazione dei sieri.

Non va dimenticato che secondo l’art 32 della Costituzione italiana «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge» e che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Quindi, la corte costituzionale potrebbe essere chiamata ad esprimersi circa il fin troppo generico limite che riguarda, appunto, il rispetto della persona umana.

Il 16 marzo 2022, durante un evento che trattava la Bodily Autonomy come diritto fondamentale, la Direttrice Esecutiva dello United Nations Fund for Population Activities (UNFPA), dottoressa Natalia Kanem, ha spiegato in poche e semplici parole che «autonomia corporea significa che il mio corpo è per me stessa; il mio corpo è mio» e che ciò «riguarda il potere e riguarda il libero arbitrio. Riguarda la scelta e riguarda la dignità». Kanem concluse dicendo che «l’autonomia corporea (…) è un diritto fondamentale». In particolare, l’intervento della dottoressa riguardava l’applicazione del concetto di bodily autonomy al tema della parità di genere e, in particolar modo, alla violenza, alla discriminazione e alla coercizione nei confronti delle donne. Tuttavia, il diritto così inteso può e dovrebbe essere applicato a qualunque individuo. L’integrità corporea è l’inviolabilità del corpo fisico e il concetto stesso sottolinea l’importanza dell’autonomia personale, dell’autoproprietà e dell’autodeterminazione degli esseri umani rispetto ad esso; nel campo dei diritti umani, la violazione dell’integrità fisica di un altro individuo è considerata una violazione non etica, intrusiva e possibilmente criminale. Interessante è il caso della Repubblica d’Irlanda, dove l’integrità fisica è stata riconosciuta dai tribunali come un diritto non enumerato, tutelato dalla garanzia generale dei “diritti personali”, contenuta nell’articolo 40 della costituzione. Lo Stato, dunque, non può fare nulla per danneggiare la vita o la salute dell’individuo. Dall’altro lato, seppure anche la Carta canadese dei diritti e delle libertà difenda la libertà personale e il diritto a non subire interferenze, in determinate circostanze il governo può avere il diritto di annullare temporaneamente il diritto all’integrità fisica al fine di preservare la vita della persona. Pur tutelando lo stesso diritto, è intuitivo quanto i due Paesi siano distanti riguardo l’inviolabilità dello stesso.

A ben guardare, è proprio la Carta Costituzionale italiana ad aprire la strada a una terza via. In Italia, infatti, serve una legge per imporre un trattamento sanitario e tuttavia quella stessa legge non potrà essere in contrasto con il rispetto della persona umana. Per apparendo evidente come il significato di questo concetto cambi di epoca in epoca, è ovvio che esso debba trovare legittimazione nella legislatura corrente che si forma sulla base del precedente giudiziario. Proprio le numerose critiche rivolte alla gestione della pandemia in merito al green pass e all’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori (e nei confronti degli over 50) potrebbero offrire al legislatore italiano lo stimolo per definire, una volta per tutte, se l’integrità corporea riguardi, o meno, il rispetto della persona umana.


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